RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - Falsa testimonianza De Gennaro chiede di essere interrogato
Genova, 16 Dicembre 2007
Calato, per ora, il sipario giudiziario (ma non quello delle
polemiche) sul processo relativo agli scontri di piazza verificatisi
durante il G8 genovese che venerdì ha portato alla condanna di 24 sui 25
imputati, si riaccendono i riflettori sul caso Diaz e in particolare sulla
tranche che vede indagati tre ex eccellenti: l'ex capo della polizia
Gianni De Gennaro, l'ex questore di Genova, Francesco Colucci e l'ex capo
della digos del capoluogo ligure, Francesco Mortola.
De Gennaro. Oggi capo di gabinetto del ministro degli Interni Giuliano
Amato, e indagato per "istigazione alla falsa testimonianza", avrebbe
deciso di farsi interrogare dal sostituto procuratore Enrico Zucca, che
una ventina di giorni fa gli ha notificato l'avviso di conclusione delle
indagini preliminari. «Sicuramente depositeremo una memoria difensiva»,
conferma il suo legale Carlo Biondi, ma sembra proprio che l'ex capo della
polizia intenda comparire davanti al pm per far chiarezza su una vicenda
che ha avuto come principale protagonista l'ex questore di Genova,
Colucci. Quest'ultimo, durante una prima testimonianza resa ai pm il 16
dicembre del 2002, dichiarò di aver avuto telefonicamente incarico da De
Gennaro di chiamare alla Diaz, durante l'irruzione, Roberto Sgalla,
responsabile delle pubbliche relazioni della Polizia.
L'ex questore avrebbe poi raccontato di aver ricevuto dal "capo" l'invito
ad "aggiustare" la deposizione e il 3 maggio scorso in aula Colucci
corresse effettivamente la sua testimonianza dicendo di aver chiamato
Sgalla su iniziativa personale e non su richiesta del "capo". Nel luglio
scorso De Gennaro, davanti al pm, ha dichiarato di non aver mai chiesto a
Colucci di rendere false dichiarazioni ed è ipotizzabile che proseguirà su
questa linea difensiva anche perché, mentre per Colucci e Mortola ci sono
delle intercettazioni ambientali che proverebbero responsabilità, l'ex
capo della polizia è chiamato in causa solo per dichiarazioni riportate.
A differenza del "capo", l'ex questore, per ora, preferisce la strada del
silenzio.
«Aspettiamo le prossime mosse dei magistrati - annuncia il suo
legale Piergiovanni Junca - per ora nessun interrogatorio». Depositerà
domattina l'istanza, invece, Maurizio Mascia, difensore di Spartaco
Mortola, ma la sua potrebbe essere solo una mossa strategica vista
l'imminente scadenza dei termini. Il processo per l'irruzione alla Diaz
tornerà in aula mercoledì con l'audizione di nuovi testi della difesa.
L'elenco è ancora piuttosto lungo e il pm Zucca prevede che si arriverà a
marzo prima di poter pianificare la requisitoria dell'accusa.
Tempi lunghissimi come anche per l'ultima tranche quella relativa alle
violenze nella caserma di Bolzaneto dove gli imputati sono accusati al
massimo di abuso d'ufficio e maltrattamenti. Qui c'è già un calendario
stabilito: la requisitoria dei pm Patrizia Petruzziello e Francesco
Ranieri Miniati inizierà il 14 gennaio e proseguirà per otto udienze. Il
primo febbraio la parola passerà alle parti civili, mentre la difesa di
Alessandro Perugini, la prima a parlare, comincerà l'arringa difensiva il
22 febbraio. Il 4, il 7 e l'8 di aprile sono previste le repliche quindi
il Tribunale si ritirerà in camera di consiglio.
La sentenza di venerdì. In attesa di leggere tra novanta giorni le
motivazioni della sentenza, a Palazzo di giustizia trapela una certa
soddisfazione per la decisione dei giudici della seconda sezione penale
che ha distinto nettamente tra gli scontri verificatisi al mattino per cui
è stata confermata la teoria accusatoria dei pm Anna Canepa e Andrea
Canciani (devastazioni e saccheggio che hanno turbato l'ordine pubblico) e
quelli del pomeriggio per cui gli imputati sono stati condannati per furto
e danneggiamento. Negativi invece i commenti del mondo politico, mentre
gli anarchici annunciano una manifestazione a Genova per il 22 dicembre.
«La verità sui fatti di Genova la conosce ormai tutto il Paese, ma la
giustizia continua ad essere lontana. Non smetteremo di chiederla e di
batterci per la Commissione di Inchiesta», afferma l'Arci in un
comunicato, mentre da Vicenza dove ha partecipato a una manifestazione
contro l'ampliamento della caserma Dal Molin, Dario Fo ha giudicato la
sentenza «un altro massacro»: «Rappresenta un momento deleterio sul piano
della credibilità del Governo, un esecutivo di centrosinistra che non ha
variante, né diversificazione rispetto a quello di centrodestra.
Rappresenta la stessa logica di punire duramente i manifestanti e cercare
di non infierire sulle forze dell'ordine».